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Riflessioni a margine della presentazione del libro “Torri d’avorio e d’acciaio”, di e con Maya Wind.

La presentazione del libro di Maya Wind, “Torri d’avorio e d’acciaio. Come le università israeliane sostengono l’apartheid del popolo palestinese” (edizioni Alegre, 2024) si è tenuta il 27 novembre al campus Luigi Einaudi di Torino.
Hanno dialogato con l’autrice: Roberto Beneduce, Diana Carminati, Francesca Cerbini, Rosita Di Peri.
Il testo seguente non ha la pretesa di essere né un report esaustivo della presentazione né una qualche forma di riassunto del libro, ma il racconto di alcuni punti salienti per permettere a chi interessatə di approfondire e continuare il ragionamento sul rapporto tra Università e guerra (con particolare focus sul genocidio in corso in Palestina) ampiamente aperto dalla stagione delle occupazioni universitarie di questa primavera e che in questo libro può trovare un valido strumento di studio.
Una torre svetta in cima al Monte Scopus, una delle colline di Gerusalemme con il più alto carico simbolico e storico.
È la torre del più noto campus ebraico della città, quello dell’Università ebraica di Gerusalemme, che con la sua posizione vuole lanciare un messaggio inequivocabile: lo stato sionista occupante pretende di avere il controllo totale di quella regione, dalle montagne fino ai centri del sapere.
Il prezzo che è disposto a pagare è un genocidio che dura 76 anni.
Molto più che una semplice università, questo campus è simbolo di quella che Maya Wind nel suo libro chiama “colonialismo epistemologico”: una forma di colonialismo molto più subdolo e meno narrabile di quello che avanza a colpi di espropri di terreno e violenza fisica, ma per questo non meno rilevante.
Infatti i centri del sapere sionista stanno letteralmente riscrivendo la storia facendo propri strumenti come l’archeologia per giustificare e normalizzare il genocidio che lo stato di Israele continua a portare avanti.
Nel libro “Torri d’avorio e d’acciaio”, scritto prima del 7 ottobre 2023, Maya Wind illustra il ruolo strutturale e organico svolto dalle Università nella costruzione e perpetuazione del sistema di apartheid che Israele ha messo in campo dal 1948. 
I centri di produzione del sapere sono luoghi privilegiati per appropriarsi non solo delle terre palestinesi, ma anche della storia, della cultura e delle parole che servono ai palestinesi per raccontarsi, operando una vera e propria “chirurgia semantica” che si accompagna a quella sociale.
L’autrice opera un’accurata indagine di questi legami, descrivendoli in maniera dettagliata; questo per lei chiaramente non è stato privo di conseguenze, è stata infatti costretta tempo fa a emigrare da Israele a causa della repressione.
Il volume ci fornisce una chiave di lettura dell’Accademia che abbraccia quella portata dai vari movimenti di intifada studentesca negli scorsi mesi: il sapere, e con esso i luoghi dove si produce e la tecnica che ne consegue, non sono neutri per definizione.

Torri d'avorio e d'acciaio. Come le università israeliane sostengono l'apartheid del popolo palestinese - Maya Wind - copertina

Questo puntuale lavoro di ricerca testimonia la complessità e i molteplici piani che stanno dietro al genocidio in corso a Gaza e in tutta la Palestina, dimostrando che è possibile usare tale complessità non solo come giustificazione del proprio silenzio (come troppo spesso avviene tra gli/le accademichə italianə), ma anche per indagare e combattere su vari livelli le mille manifestazioni e storture del potere coloniale.
L’auspicio è che queste pagine portino ad una più ampia riflessione sul ruolo sociale delle nostre università e ci fornisca modelli di indagine che possano essere fertili spunti per continuare ad allargare quella crepa di possibilità di radicale cambiamento  accademico aperta dalla stagione di occupazione delle università.
Crediamo che volumi del genere siano quanto mai necessari, non solo per la presa di posizione in se, ma anche perché ci permettono uno studio e una formulazione dettagliata e condivisa degli obbiettivi delle mobilitazioni universitarie: senza un’idea sostanziale di ciò che significa  vittoria, la determinazione da sola può non essere sufficiente.
Abbiamo evitato per questo motivo una trascrizione dell’incontro, che ha tenuto i toni di una giaculatoria accademica, convinti che queste pagine possano servirci soprattuto e in misura maggiore per delineare insieme delle nuove traiettorie di lotta in solidarietà al popolo Palestinese!

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