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Gaza ridotta a 42 milioni di tonnellate di macerie. Cosa ci vorrà per ricostruire?


A photo of a man and a woman in Khan Younis in Southern Gaza surrounded by destroyed buildings.Khan Younis, striscia di Gaza meridionale, maggio 2024

di Fadwa Hodali Fares Akram Jason Kao Jennah Haque Jeremy C. F. Lin Foto di Ahmad Salem – 15 Agosto 2024

Pubblicato in origine da Bloomberg

Spostandosi attraverso la Striscia di Gaza per evitare attacchi aerei israeliani, Rana Abu Nassira utilizzava spesso Google Earth per controllare la casa che era stata costretta ad abbandonare. Ignara del fatto che le immagini del geobrowser non si aggiornano in tempo reale, la 37enne era rassicurata vedendo che la casa che condivideva con suo marito e suo figlio era sopravvissuta al caos e ai bombardamenti del genocidio dei palestinesi.
La realtà ha colpito questa primavera, quando la famiglia è tornata a Bani Suheila – una piccola città nel sud di Gaza – e ha trovato un paesaggio desolato e lacerato, sfigurato da giganteschi cumuli di macerie e sbarre di metallo tranciate

La loro casa era in rovina. Nel giardino era rimasto in piedi un solo albero. “Ero in uno stato del tipo ‘questo non è il nostro quartiere, questa non è la nostra strada, o la nostra casa’”, ha detto Abu Nassira. “Una cosa folle.”

È una storia che si ripete in tutto il sud della Striscia, quando una pausa degli attacchi israeliani consente alle famiglie di lasciare i campi nelle “zone di evacuazione” e tornare alle loro proprietà, anche se solo per breve tempo. L’accesso alle aree a nord del Corridoio di Netzarim – la strada militare costruita da Israele a marzo – è bloccato. Questo, secondo Israele, serve a perseguire il suo obiettivo dichiarato di cercare combattenti e infrastrutture di Hamas, come rappresaglia per un’incursione mortale da parte del gruppo islamico – considerato un’organizzazione terroristica dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea – il 7 ottobre.

Da allora, più del 70% delle abitazioni di Gaza, già degradate nei precedenti conflitti, sono state danneggiate [o distrutte, ndt], insieme a scuole, ospedali e imprese. La maggior parte dei suoi 2,2 milioni di persone è stata obbligata a sfollare, stipata in una piccola fetta di terra lungo la costa del Mediterraneo, in gran parte tagliata fuori da acqua dolce e cibo, così come da medicine e servizi igienico-sanitari di base.

A causa dell’operazione militare israeliana, più di 40.000 persone a Gaza sono state uccise, secondo il ministero della Sanità diretto da Hamas [la sostanziale affidabilità dei numeri delle vittime è confermata dall’ONU, da Lancet e dalle ONG che lavorano a Gaza, ndt], che non fa distinzione tra civili e combattenti [secondo l’agenzia ONU UNFPA, il 70% sono donne e bambini ndt] . L’entità della distruzione fa sì che, mentre i colloqui per il cessate il fuoco sono ripresi giovedì nella capitale del Qatar, Doha, anche il processo parallelo di ricostruzione venga discusso ai massimi livelli.

Secondo l’ONU, gli attacchi aerei israeliani hanno finora lasciato più di 42 milioni di tonnellate di detriti in tutta la Striscia.
Ci sono abbastanza macerie per riempire una fila di autocarri lunga da New York a Singapore [oltre 15.000 km, come la distanza da Roma all’Australia del sud)
La rimozione di tutto ciò potrebbe richiedere anni e costare fino a 700 milioni di dollari. Il compito sarà complicato da bombe inesplose, da sostanze chimiche tossiche e contaminanti e dai resti umani sotto le macerie.
La maggior parte dei detriti sono abitazioni distrutte e la loro distribuzione nella Striscia ricalca la densità di popolazione di Gaza prima della guerra.

Almeno 8,5 milioni di tonnellate di detriti dovranno essere rimossi da Khan Younis, dove si trova Bani Suheila e dove sorgeva la casa della famiglia di Abu Nassira.
Un tempo il governatorato produceva la maggior parte degli agrumi di Gaza, comprese arance e pompelmi. I suoi frutteti e campi ora giacciono in rovina: almeno la metà dei terreni agricoli della Striscia è stata distrutta, portando a un collasso del settore agricolo che richiederà anni per essere superato, secondo Juzoor, un ente di beneficenza locale che collabora con Oxfam.

Khan Younis ad agosto.

La situazione è particolarmente grave al nord. Gaza City – che era il più grande centro urbano di tutti i Territori Palestinesi – e le aree circostanti sono state ampiamente danneggiate e costituiscono più della metà delle macerie della Striscia.

Jabalia a luglio.

Ricostruire Gaza e la vita dei suoi residenti, richiederà una revisione completa dell’intera infrastruttura fisica e una qualche forma di soluzione politica su come sarà la nuova Gaza. Ma prima che tutto ciò possa accadere, la raccolta e lo smaltimento di tutte le macerie – dopo la fine della guerra – saranno di fondamentale importanza.

Nuseirat a maggio.

I diritti di proprietà e le difficoltà nel trovare siti di smaltimento per detriti contaminati complicheranno ulteriormente il processo. la ricostruzione di Gaza potrebbe costare molto più di 80 miliardi di dollari, se si considerano le spese nascoste come l’impatto a lungo termine di un mercato del lavoro devastato da morte, infortuni e traumi. Secondo Daniel Egel , economista senior del think tank RAND con sede in California, “Puoi ricostruire un edificio, ma come puoi ricostruire la vita di un milione di bambini?”

E non è chiaro chi pagherà.

“Ciò che vediamo a Gaza è qualcosa che non abbiamo mai visto prima nella storia dell’urbanistica”, ha affermato Mark Jarzombek , professore di storia dell’architettura presso il Massachusetts Institute of Technology che ha studiato la ricostruzione post-seconda guerra mondiale. “Non si tratta solo della distruzione delle infrastrutture fisiche, si tratta della distruzione delle istituzioni fondamentali governance e  del “senso di normalità””.

“I costi della ricostruzione saranno proibitivi. Cantieri di questa portata devono essere liberi da persone, e questo creerà un’altra ondata di sfollamenti. Qualunque cosa si faccia, Gaza sarà alle prese con tutto ciò per generazioni”, ha aggiunto Jarzombek.

Un incontro dei paesi donatori e degli enti di beneficenza globali nella città di Ramallah in Cisgiordania il 12 agosto è stato l’inizio degli sforzi per garantire gli aiuti finanziari.

Organizzato dai Programmi delle Nazioni Unite per lo sviluppo e l’ambiente e dall’Autorità Palestinese – l’unico organismo riconosciuto a livello internazionale che rappresenta i palestinesi – si è discusso di cosa dovrebbe accadere dopo. Considerati i soldi, la manodopera e le attrezzature necessarie, elaborare ora un piano per la rimozione dei detriti è fondamentale in modo che i lavori possano iniziare non appena finiranno i combattimenti, ha detto ai giornalisti Ahed Bseiso , ministro dei lavori pubblici e dell’edilizia abitativa dell’Autorità Palestinese dopo l’incontro.

Le abitazioni danneggiate [e distrutte] costituiscono i danni più ingenti del conflitto degli attacchi israeliani a Gaza. Nel grafico, il valore degli edifici distrutti tra ottobre 2023 e gennaio 2024, per settore, rispetto al conflitto agli attacchi del 2014, durati più di un mese

Gaza non è nuova agli attacchi israeliani. Gaza è stata attaccata altre quattro volte da Israele dal 2007, quando Hamas vinse le elezioni nella Striscia su Fatah, il suo rivale che guida l’Autorità Palestinese e ha sede in Cisgiordania, il più grande dei due Territori palestinesi. Questi attacchi sono di gran lunga i più lunghi e devastanti.

Dopo i precedenti attacchi, gli Stati del Golfo, l’UE, gli Stati Uniti e il Giappone sono stati tra i donatori che hanno promesso, ma non sempre hanno fornito, fondi per aiutare la ripresa di Gaza. Il Qatar è stato uno dei maggiori sostenitori, investendo direttamente in strade, ospedali e complessi residenziali, nonché in progetti agricoli e infrastrutturali, oltre a sovvenzioni, per un ammontare di centinaia di milioni di dollari in un decennio. Ma i principali attori si sono detti riluttanti a contribuire nuovamente, senza una via negoziale, a una soluzione politica che ponga fine agli attacchi israeliani.

Un intenso dibattito su ciò che ciò comporterebbe è in corso insieme ai colloqui di cessate il fuoco mediati dal Qatar e dall’Egitto e alle discussioni sull’allentamento delle tensioni con l’Iran e la milizia libanese Hezbollah sostenuta da Teheran. Gli stati arabi sono tra coloro che sostengono un piano globale per Gaza subito dopo la guerra per creare due stati e un ruolo di governo per un’Autorità Palestinese rinvigorita che non includa Hamas. L’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden sta spingendo [per finta, ndt] l’attuale governo nazionalista religioso di Israele – che si oppone alla sovranità palestinese e non vuole cedere il controllo sulla sicurezza – per una maggiore flessibilità.

A Ramallah, i funzionari dell’Autorità Palestinese stanno pianificando da mesi la ricostruzione di Gaza. Hanno presentato la loro visione alla comunità internazionale a Bruxelles a maggio e da allora hanno cercato di ottenere sostegno.

Il crescente problema della pulizia di Gaza: macerie accumulate da novembre 2023 a luglio 2024 Nota: la mappa mostra solo le macerie provenienti dagli edifici danneggiati, mentre il valore totale include anche le macerie provenienti dalle strade danneggiate.

Nonostante sia stata messa da parte a Gaza dopo la salita al potere da parte di Hamas 17 anni fa, l’Autorità Palestinese paga ancora circa il 40% della spesa ufficiale della Striscia, come gli stipendi e le pensioni dei dipendenti pubblici così come servizi come acqua ed elettricità, che sono in gran parte controllati da Israele. Ha inoltre coordinato gli sforzi di ricostruzione dopo il precedente conflitto tra Israele e Hamas con le istituzioni internazionali, le organizzazioni umanitarie e le varie agenzie delle Nazioni Unite. Probabilmente sarà così anche questa volta.

Tutte le parti dovranno concordare un piano di ricostruzione, primo fra tutti Israele, che dal 2007 impedisce l’ingresso nel territorio dei cosiddetti materiali a duplice uso  – tutto ciò che [a detta di Israele, ndt] potrebbe aiutare Hamas a costruire tunnel o armi. “Speriamo un ritiro completo delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza”, ha detto Bseiso in un’intervista. “Dobbiamo muoverci liberamente e controllare i nostri confini affinché il materiale entri a Gaza e speriamo che Israele non vieti il suo ingresso”..

Alla domanda sulla rimozione delle macerie, un portavoce del Coordinatore israeliano delle attività governative nei territori , un ente del Ministero della Difesa, ha detto che per ora si sta concentrando sulla facilitazione degli aiuti [sic!]. Funzionari israeliani hanno detto che è troppo presto per parlare di ricostruzione. […]

Distruzione a Deir al-Balah in agosto. Fotografo: Abed Rahim Khatib/Anadolu/Getty Images
Distruzione a Deir al-Balah in agosto. Fotografo: Abed Rahim Khatib/Anadolu/Getty Images
I palestinesi tornano a Jabalia a giugno dopo il ritiro israeliano. Fotografo: Dawoud Abo Alkas/Anadolu/Getty Images
I palestinesi tornano a Jabalia a giugno dopo il ritiro israeliano. Fotografo: Dawoud Abo Alkas/Anadolu/Getty Images
Macerie e pozze di acque reflue stagnanti a Khan Younis nel mese di luglio. Fotografo: Abed Rahim Khatib/Anadolu/Getty Images
Macerie e pozze di acque reflue stagnanti a Khan Younis nel mese di luglio. Fotografo: Abed Rahim Khatib/Anadolu/Getty Images
Palestinesi ispezionano i danni subiti da un complesso scolastico per civili sfollati, gestito dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione, a Nuseirat a giugno. Fotografo: Ahmad Salem/Bloomberg.
Palestinesi ispezionano i danni subiti da un complesso scolastico per civili sfollati, gestito dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione, a Nuseirat a giugno.
Le famiglie fuggono dal distretto Hamad di Khan Younis in seguito agli ordini di evacuazione dell'esercito israeliano l'11 agosto. Fotografo: Ahmad Salem/Bloomberg
Famiglie fuggono dal distretto Hamad di Khan Younis in seguito agli ordini di evacuazione dell’esercito israeliano l’11 agosto.
Il minareto della moschea Abdullah Azzam crollato a seguito di uno sciopero israeliano a Nuseirat a luglio. Fotografo: Ahmad Salem/Bloomberg
Il minareto della moschea Abdullah Azzam crollato a seguito di un attacco israeliano a Nuseirat a luglio.
Secondo il piano dell’Autorità Palestinese, tutte le munizioni inesplose saranno disinnescate non appena verrà dato il via libera all’inizio della ricostruzione. Le strade verranno poi sgombrate per consentire l’accesso ai siti di accoglienza temporanea non ancora costruiti. Bseiso ha affermato che ogni gruppo di cantieri includerà scuole, parchi giochi e uffici governativi, e sarà aperto vicino ai centri urbani distrutti non appena il denaro sarà disponibile  “in modo che i cittadini possano aiutare il processo di ricostruzione”. Contemporaneamente inizierà lo sgombero delle macerie.

Dopo le guerre precedenti, le persone tendevano a restare con la famiglia o in proprietà in affitto mentre le loro case venivano ricostruite. La portata della distruzione significa che ciò non è più possibile. Le agenzie umanitarie si preoccupano che persone come Abu Nassira e la sua famiglia si trovino a dover rimuovere da sole le macerie e a vivere in case precarie e malsicure. Dopo essere tornati alla loro proprietà a marzo, dopo il ritiro delle forze israeliane dall’area, hanno ripulito il loro giardino e hanno costruito un rifugio con legno, coperte e macerie. I vicini hanno fatto lo stesso o si sono trasferiti negli edifici danneggiati. Alcune persone dormono per strada.

Bseiso ha detto che si può fare ben poco per impedire loro di lasciare al-Mawasi – la zona sicura designata lungo la costa a sud-ovest di Khan Younis – dove il fetore dei liquami grezzi, le malattie infettive e il caldo torrido estivo hanno reso insopportabile la vita sotto le tende di plastica . Ha detto che il desiderio di ritrovare un senso di normalità è comprensibile. Quando Abu Nassira lasciò inizialmente la sua casa a Bani Suheila con il marito e il figlio di 10 anni, pensò che sarebbe stato per poco tempo. Invece sono stati costretti a trasferirsi nove volte in pochi mesi, rifugiandosi in scuole e campi, sopravvivendo ai bombardamenti aerei, al freddo dell’inverno, alla fame e alla disidratazione. E parenti perduti, compreso un cugino ucciso in un attacco aereo vicino a casa loro mentre andava in bicicletta.

Abu Nassira e suo figlio vicino alla loro casa distrutta in agosto. Foto per gentile concessione di Abu Nassira

Chitose Noguchi, un alto funzionario dell’UNDP incaricato di sostenere il popolo palestinese, ha sottolineato quanto sarà complicato il processo di rimozione delle macerie durante l’incontro del 12 agosto. Il programma ha una vasta esperienza a Gaza, ha detto, ma dato il numero di corpi sepolti tra le macerie – circa 10.000 secondo le Nazioni Unite – e di munizioni inesplose “questa volta è molto diverso” e richiede nuovi modi di fare le cose.

Tonnellate di macerie rimosse dopo gli attacchi israeliani del 2021

L’ ONU afferma che sono necessarie migliaia di persone per raccogliere e smaltire le macerie e che non c’è una forza lavoro abbastanza numerosa per gestire contemporaneamente il lavoro sia a Gaza che in Ucraina. Quindi ha iniziato a formare le persone in Giordania.

Un imam sarà a disposizione per garantire il rispetto della dignità dei cadaveri e la legge islamica guiderà l’azione degli specialisti. Gli esperti legali si occuperanno dei diritti di proprietà, resi più complessi dalla completa distruzione di alcuni quartieri e dalla morte dei proprietari terrieri. Squadre qualificate aiuteranno a identificare gli oggetti pericolosi e ad affrontare eventuali rischi per la salute immediati e a lungo termine derivanti dai rifiuti tossici.

Le macerie sono un ambiente ideale per i pappataci, che possono diffondere la leishmaniosi, una malattia parassitaria della pelle mortale, se non trattata. Scorpioni gialli e vipere nidificano nelle fessure rocciose. Poi c’è l’amianto. Ampiamente utilizzato come agente isolante, secondo l’UNEP circa 2,3 milioni di tonnellate di detriti a Gaza contengono questo materiale. Vietato in dozzine di paesi, può rilasciare particelle sospese nell’aria che possono causare diversi tipi di cancro come il mesotelioma. Un’altra preoccupazione è rappresentata dalle sostanze pericolose provenienti dagli ospedali danneggiati.

Quattro fasi per affrontare le macerie L’ONU e altri hanno proposto una possibile sequenza di eventi, ma l’ordine verrà determinato dalla situazione sul campo

L’ONU ha proposto due punti a Gaza per scaricare tali detriti. Uno a nord e uno a sud lungo il confine con Israele. Basil Nasr al-Kafarna , ministro dell’Autorità Palestinese per gli aiuti di emergenza, ha affermato che per questi siti sono necessarie 20 miglia quadrate e che vengono prese in considerazione anche aree vicino al mare. Secondo Bseiso, i contaminanti che penetrano nelle falde acquifere sono una preoccupazione e il riempimento di alcune aree richiederebbe studi ambientali, oltre all’approvazione dei paesi vicini. La posizione esatta sarà determinata una volta che Israele deciderà se espanderà [illegalmente, ndt] il suo cuscinetto di sicurezza a un chilometro all’interno di Gaza.

I detriti non contaminati possono essere utilizzati per la ricostruzione, ad esempio dopo essere stati polverizzati in calcestruzzo. L’ONU stima che il ritrattamento anche solo della metà di queste macerie sarebbe sufficiente per ricostruire l’intera rete stradale di Gaza. I funzionari hanno suggerito di utilizzarlo per strutture di difesa dal mare come i moli, per proteggersi dall’erosione costiera e dalle inondazioni. Altri potenziali usi includono blocchi di pavimentazione per marciapiedi, canali di drenaggio e canali sotterranei. Se il territorio dovesse riciclare solo la metà di queste macerie, potrebbe recuperare circa un terzo dei costi di bonifica e risparmiare circa 143 milioni di dollari sul conto totale.

Siamo “determinati a ricostruire Gaza in modo sano e trasparente”, ha affermato Bseiso, esprimendo la speranza che la Striscia venga riunita politicamente con la Cisgiordania. Ha sottolineato che tutto ciò che resta di un patrimonio culturale risalente a 2.000 anni fa sarà preservato, compresi siti come la Grande Moschea Omari del VII secolo a Gaza City e il Palazzo del Pascià del XIII secolo.

in ordine:

  • La Grande Moschea di Omari nel gennaio 2024. Fotografo: Ali Jadallah/Anadolu/Getty Images
  • La Grande Moschea di Omari nell’aprile 2023. Fotografo: Ali Jadallah/Anadolu/Getty Images
  • L’area vicino alla moschea a luglio. Fotografo: Omar Al-Qattaa/AFP/Getty Images
  • Il Qasr al-Basha, il Palazzo del Pascià, nell’ottobre 2022. Fotografo: Mustafa Hassona/Anadolu/Getty Images
  • Palazzo del Pascià nel febbraio 2024. Fotografo: Dawoud Abo Alkas/Anadolu/Getty Images

Per Abu Nassira e altre famiglie la tregua è stata di breve durata. Lei, suo marito, un ex dipendente dell’Autorità Palestinese, e il figlio hanno trascorso solo circa sei mesi nella loro proprietà. Sono stati nuovamente sradicati a luglio, dopo che un altro ordine di evacuazione è arrivato sotto forma di volantini lanciati da aerei israeliani che volavano sopra di loro, messaggi di testo e post sulla piattaforma di social media X. Al loro secondo ritorno, pochi giorni dopo, Abu Nassira ha detto di aver trovato “cadaveri per le strade e così tante macerie che difficilmente potevano attraversarle”.

L’est di Khan Younis un tempo era un’area altamente edificata, dove i condomini ospitavano spesso un’unica famiglia allargata o clan. Gli estranei si trasferivano raramente e i residenti si conoscevano così bene che i quartieri venivano chiamati solo con i nomi delle famiglie che vivevano lì. Le fattorie circostanti, piene di ulivi, mandorli e peschi, erano tra i pochi posti in cui le persone che desideravano una pausa dalla giungla di cemento di Gaza City potevano fuggire per un giorno.

Israele sostiene che Hamas rimane profondamente radicato nella regione [per giustificare il fatto che ndt] continua ad attaccare in modo intermittente, innescando ogni volta un nuovo flusso di partenze e ritorni.

“Anni di duro lavoro finiti in un batter d’occhio”, ha detto Abu Nassira, riflettendo su come si è sentita il giorno in cui ha visto un mucchio di macerie al posto della sua casa. “Avrei voluto che fosse rimasto qualcosa.”

La famiglia spera di ricostruire. Nel frattempo Abu Nassira vuole restare nel cortile bombardato. “È la stessa miseria che vivere nei campi”, ha detto, “ma con l’ombra e un po’ di privacy”.